4 mar 2011

Libia, strage di civili ad al Zawiyah




Libia, strage di civili ad al Zawiyah

Le truppe fedeli a Gheddafi avrebbero riconquistato la città a est di Tripoli. Bombardamenti: almeno 50 morti. I ribelli: "Vittoria o morte". Interpol dirama un'allerta internazionale nei confronti del colonnello. VIDEO

04 marzo, 2011

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Nonostante gil appelli internazionali, ultimo quello del presidente Napolitano dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu a Ginevra, non si fermano in Libia gli attacchi militari di Gheddafi contro i ribelli. Il venerdì di preghiera, secondo diverse fonti, è diventato una strage di civili. Sono almeno 30, infatti, le persone morte nel corso degli scontri con le forze di sicurezza fedeli al leader libico Muammar Gheddafi che hanno tentato di riprendere il controllo di Zawiyah, città ad ovest di Tripoli. Lo hanno riferito due residenti, mentre il portavoce del governo ha detto che la Libia spera di riprendere il controllo della città "possibilmente questa sera".

La battaglia  di Zawiya - La città di Zawiya, circa 60 km a ovest di Tripoli, sarebbe stata quasi tutta riconquistata dalle forze fedeli al colonnello Muammar Gheddafi. La televisione di stato libica ha prima dichiarato che la città di 290mila abitanti era stata strappata dalle mani dei ribelli, ma in serata un portavoce del governo ha ammesso che sussistono ancora sacche di resistenza. Negli scontri sarebbe morto il capo dei rivoltosi Hussein Darbuk e il suo vice, mentre altri capi ribelli sono stati fatti prigionieri.
"Decine di persone sono state uccise e molte sono state ferite. Abbiamo contato almeno 30 civili morti. L'ospedale era pieno. Non c'era più spazio per i feriti", ha detto a Reuters, telefonicamente, Mohamed, residente di Zawiyah. "Riceviamo aggiornamenti dall'ospedale secondo cui il numero delle vittime sta aumentando".
Un portavoce della coalizione ribelle ha detto che l'esercito libico ha pesantemente bombardato Zawiyah, provocando molte vittime ma senza fornire un numero preciso. "C'è stato un pesante bombardamento su Zawiyah da parte delle forze di (Muammar) Gheddafi e ci stanno informando di molti morti. Quanti non lo so", ha detto Mustafa Gheriani, portavoce della coalizione ribelle 17 febbraio.

La rivolta conquista centro petrolifero
- I ribelli invece hanno annunciato di aver conquistato l'aeroporto di Ras Lanuf, importante centro petrolifero sul Golfo della Sirte. "I ribelli dicono di aver preso l'aeroporto. Stiamo ricevendo chiamate dal fronte con cui ci dicono che i ribelli hanno preso l'aeroporto", ha detto il corrispondente Reuters Mohammed Abbas, che ha citato come fonti i ribelli Ahmed Harram e Atef Orfi.

L'appello del capo della rivolta - Il capo del Consiglio Nazionale Libico, Abdel Jalil, ha incitato i rivoltosi ad Al Beita, affermando che la battaglia per disarcionare il regime di Muammar Gheddafi non si ferma. "Vittoria o morte: non ci fermeremo fino a che non libereremo questa nazione", ha affermato l'ex ministro della Giustizia ora alla guida dell'organismo istituito dagli oppositori che controllano la Libia orientale. Ai suoi uomini, comunque, Jalil ha chiesto di far cessare la distruzione dei palazzi e li ha messi in guardia dal rischio di "infiltrazioni" degli uomini di Gheddafi. La folla ha accolto le sue parole inneggiando alla "prossima battaglia a Tripoli".

Allerta Interpol - E mentre il petrolio continua a volare e a New York ha sfiorato i 103 dollari, la comunità internazionale cerca una via d'uscita. Per impedire a Muammar Gheddafi ed altri 15 membri del suo entourage, inclusi alcuni familiari, di lasciare la Libia - come previsto, tra l'altro, dalla risoluzione 1970 dell'Onu - l'Interpol ha diramato un ordine di 'allerta globale' (o avviso arancione). L'Ue sta valutando un blocco navale della Libia, da realizzarsi con l'impiego di unità da guerra, per rafforzare l'embargo sulle forniture di armi. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha invitato a non considerare "con leggerezza" un intervento militare; mentre il titolare dell'Interno, Roberto Maroni, ha detto che "serve
un'offensiva diplomatica", piuttosto che "minacciare bombardamenti".

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