27 apr 2011

L’eco-packaging? È femmina

L’eco-packaging? È femmina

Al supermercato le confezioni ecologiche fanno presa soprattutto sulle donne, mentre gli uomini cercano la convenienza, afferma uno studio. Eppure di materiali vegetali usati nel packaging ce n’è per tutti i gusti


eco packaging
Al supermercato occhio alla confezione, con quella giusta si può aiutare l'ambiente - Getty Images

di Carola Frediani

Carotine tagliate e lavate. Pizzette incellophanate. Pacchetti di patatine fritte. Microporzioni di zuppa, yogurt, carne, frutta. Ecco cosa troverete nel carrello del maschio che si aggira per i corridoi di un supermercato, famelico e diretto come uno squalo, con un obiettivo ben chiaro in testa: la convenienza. Che non significa solo prodotti che facciano risparmiare soldi, ma anche tempo: già pronti, lavati, preparati, soppesati e soprattutto confezionati. E pazienza se il sacchetto della spesa si riempie di imballi di plastica. Al contrario, le femmine sono in media più attente all'impatto ecologico di quello che comprano, preferendo un prodotto sfuso oppure una confezione più leggera, se non biodegradabile.

A dirlo è uno studio internazionale (visionabile previa registrazione) della Thomson Reuters, da cui emerge che le donne sono per il 14 per cento più inclini a farsi guidare dalla bussola dell'ecologia quando devono riempire il carrello rispetto agli uomini. Che invece preferiscono la comodità. Infatti il 56 per cento delle donne intervistate (contro il 42 per cento degli uomini) ha dichiarato di prediligere prodotti ecologici rispetto a quelli semplicemente convenienti. 
Il report mette il dito nella piaga del packaging che, inseguendo le necessità di consumatori single, lavoratori e in generale con poco tempo a disposizione, si è moltiplicato a dismisura contribuendo ad aggravare l'accumulo di rifiuti non biodegradabili.

Eppure le plastiche derivate dal petrolio non sono più l'unica soluzione per l'industria alimentare. In questi ultimi anni ha iniziato a svilupparsi un packaging ecologico, che sfrutta le proprietà delle fibre vegetali. Come la canadese Earthcycle Packaging (fondata per altro da una donna, Shannon Boase), che ha inventato un modo innovativo per trasformare gli scarti della palma in confezioni per cibo alternative. Utilizzando materiali provenienti dalla lavorazione dell'olio di palma (e da piantagioni certificate come sostenibili), realizza degli imballaggi per la frutta e verdura vendute nelle principali catene di supermercati nordamericani. Confezioni compostabili in 90 giorni.

Anche una multinazionale come la PepsiCo ha recentemente annunciato di aver realizzato la prima bottiglia di plastica perfettamente identica nella struttura molecolare e nelle proprietà a quella di PET (basata sul petrolio), ma interamente ricavata da risorse vegetali rinnovabili, tra cui scorze di pino e bucce di frumento. La produzione pilota di questo nuovo genere di bottiglie inizierà nel 2012.

E c'è anche chi, come l'azienda newyorkese Ecovative Design, ha creato un'alternativa compostabile al polistirolo – altro materiale inquinante, derivato dal petrolio, massicciamente usato nel packaging – trasformando alcuni materiali vegetali tramite dei funghi filamentosi.

Ma anche l'Italia ha fatto la sua parte: da anni è diffuso il Mater-Bi, un polimero ricavato dal mais e brevettato dalla Novamont, azienda di Novara, che viene impiegato in confezioni di vario genere, retine per la frutta, sacchetti. Tutti biodegradabili in compostaggio. E sarà un caso, ma a capo della Novamont, in qualità di amministratore delegato, c'è una donna, Catia Bastioli.




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