20 apr 2011

Libia: istruttori militari italiani per i ribelli

Libia: istruttori militari italiani per i ribelli

Il ministro della Difesa La Russa annuncia l'invio agli insorti di 10 addestratori. Inviano i loro ufficiali anche Francia e Gran Bretagna. Sarkozy: "Intensificheremo i raid contro Gheddafi". L'apertura del regime: "Basta attacchi e urne tra sei mesi"



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Si continua a combattere in tutti i punti nevralgici della Libia, e proseguono senza sosta i bombardamenti aerei della Nato, ma gli alleati guardano anche al domani e mirano a rafforzare i rapporti con i ribelli, in vista di un eventuale ribaltamento degli equilibri nel Paese maghrebino.

In quest'ottica, arriva l'annuncio dell'invio di consiglieri militari ai rivoltosi da parte di Gran Bretagna, Francia e anche dall'Italia. Il ministro della Difesa, Ignazio la Russa, ha reso noto che il nostro Paese metterà a disposizione del Consiglio degli insorti in Libia 10 istruttori militari. E anche Francois Baron, portavoce del governo francese, ha riferito che Parigi ha già mandato a Bengasi un pur "piccolo gruppo" di ufficiali di collegamento con compiti essenzialmente organizzativi.
Il presidente Sarkozy, nel ricevere Mustafa Abdel Jalil, il capo del Consiglio Nazionale Transitorio che amministra le aree liberate della Cirenaica, ha inoltre assicurato che intende intensificare ulteriormente i raid contro le forze fedeli a Muammar Gheddafi. A sua volta Abdel Jalil, reduce da un'analoga missione in Italia, si è impegnato a costruire una vera democrazia in cui, ha sottolineato, il capo dello Stato salga al potere "attraverso le urne, e non in cima alla torretta di un carro armato".

Nemmeno il regime però demorde e, oltre a continuare a stringere la morsa su Misurata e lungo la linea del fronte che corre tra Agedabia e Marsa el-Brega, cerca di trovare un varco per spezzare l'isolamento e presentare proposte proprie. Intervistato dalla 'Bbc'  il ministro degli Esteri Obeidi  ha affermato che, se cessassero gli attacchi alleati, sarebbe anche possibile andare alle urne "dopo sei mesi" e "sotto la supervisione delle Nazioni Unite": non soltanto per elezioni generali, bensì’ "per qualsiasi questione sia sollevata dai cittadini libici". Una dichiarazione che l'emittente pubblica del Regno Unito ha interpretato nel senso che Obeidi avrebbe "implicitamente" inteso affermare come "lo stesso futuro di Gheddafi" sarebbe suscettibile di costituire l'oggetto di una consultazione, vale a dire di un referendum.

A fronte di tali velate aperture, rimane la facciata più arrogante e appariscente della gerarchia al potere: il secondogenito e virtuale delfino di Gheddafi, Saif el-Islam, è infatti tornato a ripetere di essere "molto ottimista" giacché, ha puntualizzato, alla fine "saremo noi a vincere": a suo dire, infatti, "la situazione cambia di giorno in giorno a nostro favore". Frattanto però la Nato prosegue instancabilmente nella sua opera di demolizione sistematica delle infrastrutture libiche: dopo le reti di telefonia mobile e fissa, ha ammesso la stessa televisione di Stato, adesso tocca alle stazioni radio-televisive.

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