28 feb 2011

La voglia di democrazia arriva in Cina Seconda protesta dei «Gelsomini»

La voglia di democrazia arriva in Cina Seconda protesta dei «Gelsomini»

SHANGHAI - Sull’onda delle rivolte popolari del Nordafrica, anche in Cina inizia a soffiare il vento della protesta. Ieri, per la seconda volta in una settimana, nuova contestazione pro-democrazia organizzata via Internet dai gruppi di anonimi oppositori, che si sono battezzati “Gelsomini”.

Di fronte al “pericolo” di un’ondata di manifestazioni come quelle del Maghreb, l’apparato oligarchico governativo di controllo delle masse si è mobilitato. Centinaia di poliziotti, in divisa e in borghese si sono mobilitati e hanno presidiato i luoghi della “protesta dei Gelsomini” a Pechino, Shanghai e in altre 18 città minori della Repubblica Popolare Cinese, indicate sui messaggi circolati in Internet.

A Pechino poliziotti con cani e idranti in azione. Nella capitale si sono registrati momenti di forte tensione con le forze di polizia che non hanno esitato a fare uso della forza per evitare che giornalisti, in maggioranza stranieri, avessero potuto documentare i momenti salienti della manifestazione, che si è svolta davanti al ristorante McDonald sulla centrale via Wang Funjing. Camion con idranti, agenti con cani al guinzaglio, chiusura forzata di un vasto tratto della strada sono seguiti ai controlli a tappeto. In precedenza, molti giornalisti stranieri avevano ricevuto avvertimenti telefonici e convocazioni dalla polizia che li ha invitati a “rispettare le leggi” e a praticare un “giornalismo responsabile”.

Controlli a tappeto a Pechino. Da quello che si è appreso poliziotti in divisa hanno malmenato un cameramen statunitense e trattenuto un gruppo di giornalisti tra cui uno dei corrispondenti della Bbc. Stessa sorte per un gruppo di turisti chesi sono trovati lì per caso, mentre si stavano recando in visita alla vicina “Città proibita”. Di sicuro, gli appelli lanciati dai promotori per una seconda giornata di protesta hanno gettato nel panico l’apparato di sicurezza cinese, che si è mobilitato con tutta la sua notevole forza per impedire la fantomatica manifestazione ispirata, secondo gli organizzatori, dalle rivoluzioni in Egitto e Tunisia. Dopo i tafferugli e la confusione di domenica scorsa cinque persone sono state arrestate e sembra che saranno accusate di “incitamento alla sovversione” per aver riprodotto su Internet l’appello degli promotori, che rimangono sconosciuti. Tre avvocati democratici sono scomparsi dalla scorsa settimana.

Analoghe tensioni a Shanghai, dove i manifestanti si sono dati appuntamento davanti al Peace Cinema, accanto alla centralissima Tibet Road, dove di solito la domenica stazionano moltissimi anziani. La sorpresa – sia dei manifestanti, sia della polizia è stata proprio questa: gli anziani, al contrario d’ogni aspettativa, sono rimasti e hanno preso parte alla manifestazione Per evitare l’assembramento – come documentato da un video girato con un telefonino da un nostro concittadino – la polizia, di certo più tollerante rispetto a quella di Pechino, ha fatto pulite più volte quel tratto di Tibet Road, vicino alla centralissima Piazza del Popolo, la più importante della città, dai mezzi con idranti della nettezza urbana, costringendo le persone ad allontanarsi dalla sede stradale per non essere “innaffiate”. Gli agenti hanno spinto la folla sui marciapiedi per far passare l’autobotte e i piccoli mezzi pulisci strade, che usano spazzole sulla strada. Cinque persone sono state prese dagli agenti e fatti entrare in un cellulare. Agenti con fischietti e megafono urlavano alla folla, che rispondeva con ‘oh, oh, oh’.

Anziani in strada a protestare. «Riprendi tutto – ha detto un anziano all’Ansa – il governo ha paura. La Cina non va bene». Un altro giovane si è avvicinato e ha detto di fare attenzione. Dopo i momenti di tensione, molti anziani si sono riuniti e commentavano, lamentandosi dei prezzi delle case, degli stipendi bassi, della corruzione. Quando la polizia si avvicinava per disperdere i gruppetti, gli anziani si tappavano le orecchie per non essere storditi dai fischietti degli agenti e si lamentavano con l’“oh, oh, oh”. «Dobbiamo venire qui sempre – ha detto all’Ansa Lee, un giovane che aveva letto su Internet l’invito – ogni domenica, perché il governo ha paura di noi. E noi possiamo cambiare le cose. La Cina appartiene a noi, non ai governanti corrotti».

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