5 mar 2011

Libia, l'Interpol lancia l'allerta su Gheddafi

Le truppe fedeli al Colonnello avrebbero riconquistato la città di Zawiya. Bombardamenti, spari, kalashnikov in aria: almeno 50 morti secondo Al Jazeera. Scontri anche a Tripoli. I ribelli: "Vittoria o morte".



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Venerdì di guerra in Libia dove l'esercito ha lanciato una controffensiva in Cirenaica, bombardando Brega, la vicina Ras Lanuf e Ajdabiya, e in Tripolitania, dove la tv di Stato ha annunciato di aver riconquistato Zawiya, città a soli 40 km da Tripoli di enorme importanza strategica perché sede della più importante raffineria del Paese nordafricano. Nella capitale è invece esplosa nuovamente la rabbia anti-Gheddafi davanti ad alcune moschee al termine della preghiera del venerdì.

Allerta Interpol - E mentre il petrolio continua a volare, la comunità internazionale cerca una via d'uscita. Per impedire a Muammar Gheddafi ed altri 15 membri del suo entourage, inclusi alcuni familiari, di lasciare la Libia - come previsto, tra l'altro, dalla risoluzione 1970 dell'Onu - l'Interpol ha diramato un ordine di 'allerta globale' (o avviso arancione). L'Ue sta valutando un blocco navale della Libia, da realizzarsi con l'impiego di unità da guerra, per rafforzare l'embargo sulle forniture di armi. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha invitato a non considerare "con leggerezza" un intervento militare, mentre il titolare dell'Interno, Roberto Maroni, ha detto che "serve un'offensiva diplomatica", piuttosto che "minacciare bombardamenti".
Ed è intervenuto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che dal Consiglio sui diritti umani al palazzo dell'Onu a Ginevra ha dichiarato: "La violenza contro il popolo libico non può essere tollerata. Il colonnello Gheddafi deve fermare ogni azione militare contro il suo stesso popolo". (GUARDA IL VIDEO).

Strage di civili, almeno 50 morti -
Intanto, per la seconda settimana consecutiva a Tripoli, sulla scalinata della moschea di piazza Algeria, nel quartiere italiano, un centinaio di persone che intonavano cori contro il leader libico sono state disperse a raffiche di kalashnikov in aria, mentre nel quartiere periferico di Tajoura la polizia ha sparato lacrimogeni contro i manifestanti usciti dalla moschea.
Le notizie che, invece, giungono da Zawiya sono contraddittorie e drammatiche: la tv libica ha annunciato che l'esercito ha ucciso "il capo dei terroristi", Hussein Darbuk, e ripreso i 19 carri armati sottratti venerdì scorso dagli insorti dalla locale caserma dell'esercito.
"Abbiamo spazzato via i terroristi da Zawiya", ha annunciato l'emittente. Testimoni citati da Al Jazira parlano di oltre 50 morti e 300 feriti. Il governo libico ha poi precisato che spera di riprendere il controllo totale della città "possibilmente in serata", mentre i ribelli confermano che Zawiya è martellata dall'artiglieria e che il loro comandante è stato ucciso. Fonti ospedaliere riferiscono poi di numerose vittime anche nell'est, dove si combatte a Brega, la cui sorte resta incerta, e nella vicina Ras Lanuf, che gli insorti affermano di aver preso, insieme al controllo dell'aeroporto: "Ras Lanuf è caduta, è in mano nostra", ha detto un miliziano. Verso la città stanno convergendo decine di veicoli con rinforzi per i ribelli.

Battaglia città per città - L'esercito di Gheddafi ha anche bombardato Ajdabiya, dove gli insorti custodiscono il proprio arsenale. L'eco dei combattimenti è arrivato anche nella capitale Tripoli, saldamente sotto il controllo delle forze di Gheddafi. 
Al termine della cerimonia religiosa è salita la tensione. Dopo i primi accenni di protesta, un miliziano in borghese ha esploso una raffica di kalashnikov in aria. Il miliziano è stato prontamente disarmato da un agente di polizia, ma i fedelissimi di Gheddafi, alcuni armati di bastone, hanno aggredito due dimostranti. Fonti ufficiali riferiscono che uno dei due aggrediti aveva una pistola.

Testimoni riferiscono di scontri anche a Tajoura, già teatro nelle due settimane di rivolta di numerosi episodi di violenza. All'uscita dalla moschea dopo la preghiera, circa 300 persone hanno intonato slogan contro il regime. La polizia ha sigillato il quartiere, impedendo l'accesso anche ai libici. Fonti ufficiali riferiscono che le forze di sicurezza sono intervenute usando gas lacrimogeni, mentre secondo alcuni abitanti del quartiere ci sarebbero stati anche spari da parte dei governativi.

A Bengasi, invece, almeno 17 persone hanno perso la vita nel presunto attacco sferrato dalle forze fedeli a Muammar Gheddafi contro un deposito di armi a Rajma, sobborgo
alla periferia di Bengasi, seconda città della Libia ed epicentro dell'insurrezione contro il regime: lo ha riferito l'emittente televisiva satellitare Al Jazeera. Si tratta di una delle installazioni più importanti della regione. Secondo testimoni oculari, tra i quali non tutti non ne hanno peraltro confermato l'origine militare, la potentissima esplosione ha fatto saltare
in aria un'auto-pompa dei vigili del fuoco, e raso al suolo diverse abitazioni adiacenti. Il bombardamento del deposito era stato denunciato poco prima da Mustafa Gheriani, portavoce della 'Coalizione del 17 Febbraio', che raggruppa le varie formazioni dell'opposizione nella parte orientale della Libia.

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