27 apr 2011

Totò Riina “fu il mandante della strage del rapido 904”

Totò Riina “fu il mandante della strage del rapido 904”

Nuova accusa per il boss di Cosa Nostra, che ora è indagato per l’attentato al treno Napoli – Milano del dicembre del 1984 in cui morirono 15 persone. Per gli inquirenti l’esplosivo usato è lo stesso di quello di via D'Amelio, che uccise Borsellino.


Totò Riina “fu il mandante della strage del rapido 904”

Totò Riina, boss della mafia corleonese, fu il mandante della strage del rapido 904 del dicembre 1984 nella quale morirono 15 persone. A sostenerlo è un'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli che ha chiesto e ottenuto un'ordinanza di custodia cautelare per Riina, notificata dal Ros dei carabinieri. Per questa azione, sostengono i magistrati napoletani, l'esplosivo usato è lo stesso impiegato in via D'Amelio per uccidere il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. L'attentato avvenne alle 19.08 dell'antivigilia di Natale sul rapido 904 Napoli-Milano che percorreva la direttissima in direzione Nord all'interno del tunnel della grande galleria dell'Appennino in località Vernio

Le condanne per l’attentato - Per questa strage la quinta sezione della Cassazione, dopo un travagliato iter processuale che vide anche un annullamento di sentenza da parte della prima sezione della stessa Corte presieduta da Corrado Carnevale nel 1991, confermò il 24 novembre 1994 le condanne all'ergastolo per il boss mafioso Pippo Calò (considerato il mandante) e Guido Cercola, ma anche la matrice "terroristica-mafiosa" di quanto accadde il 23 dicembre del 1984. Tra le pene inflitte, anche tre anni al boss di camorra Giuseppe Misso per detenzione di esplosivo. Esplosivo, come indicò un procedimento nato da uno stralcio dell'inchiesta condotta da Pier Luigi Vigna, consegnato a Misso dall'allora parlamentare del Msi Massimo Abbatangelo, assolto dal reato di strage ma condannato a sei anni a febbraio nel 1994 dalla Corte di Assise di Appello di Firenze.

Le nuove indagini – Dalle nuove indagini, avviate dalle dichiarazioni di alcuni pentiti che chiamano in causa affiliati al clan Misso (all'epoca attivo tra il rione Sanità e Forcella, nel cuore di Napoli) proprio per portare sul treno l'esplosivo, emerge che parte dell’esplosivo utilizzato è stato trasportato dalla stazione di Napoli centrale e non collocato tutto a Firenze, come si era sempre ritenuto. Per la strage fu utilizzato il Semtex H, derivante da un'unica fornitura di armi e materiale esplodente negli anni '80 destinata alla mafia siciliana. Parte di questa fornitura fu rinvenuta nel febbraio 1996 in contrada Gambascio a San Giuseppe Jato dalla Direzione investigativa antimafia di Palermo. Anche a Rieti, nel maggio 1985, in un casale, fu ritrovato quello stesso tipo di Semtex H nella disponibilità di Calò. Sul rapido 904, poi, quel Semtex fu miscelato con pentrite e T4 come nella strage di via D'Amelio.

La strage come risposta al maxi processo - La strage sul rapido 904 Napoli-Milano del 23 dicembre 1984 "si inserì in un preciso disegno strategico di Toto' Riina, il quale aveva deciso in sostanza di far apparire l'attentato come un fatto politico allo scopo di sviare strumentalmente l'attenzione degli apparati dello Stato dal vero problema". A scriverlo il coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Napoli Alessandro Pennasilico, che ha ottenuto dal gip del tribunale partenopeo un ordine di custodia cautelare per il boss della mafia corleonese che deve ora rispondere di strage, quale mandante, organizzatore e istigatore dell'evento. Le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, anche siciliani, hanno fatto emergere che l'esplosione sul treno nell'antivigilia di Natale era parte della strategia stragista messa in pratica dai corleonesi e voluta da Riina per condizionare gli esisti del maxiprocesso, esercitando ogni forma di pressione possibile sullo Stato. Nelle intenzioni del boss siciliano, le pressioni erano destinate ai suoi veri o presunti referenti politici.
Secondo quanto emerge dall'inchiesta la strage del rapido 904 Napoli-Milano del 23 dicembre 1984 fu la prima e immediata risposta della mafia ai mandati di cattura emessi a settembre da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sulla scorta delle dichiarazioni di Tommaso Buscetta e che portarono al maxi-processo a Cosa nostra. La strage fu ideata dal 'capo dei capi' per distogliere l'attenzione dello Stato dalla lotta alla mafia, prospettando come diversivo una pista investigativa sul terrorismo eversivo, facendo apparire l'attentato come 'politico'.

Collegamenti con via D’Amelio - Gli elementi a carico di Riina, però, non si esauriscono nelle rivelazioni dei pentiti, ma trovano conferme sulla natura, la provenienza e le caratteristiche oggettive dei materiali esplosivi utilizzati per la strage prima, e in via D'Amelio poi, nonché nei congegni elettronici utilizzati. Pippo Calò, del resto, già condannato in Cassazione per la strage, era uomo di particolare fiducia di Riina, come confermano numerose sentenze. Il collegamento tra via D'Amelio (guarda le immagini) e il rapido 904, inoltre, è emerso dall'analisi della provenienza delle schede digitali dei radiocomandi utilizzati nei due attentati, assemblate dalla stessa società produttrice con sede a Treviso e commercializzate da una ditta romana il cui titolare nel 1984 fornì a Friedrich Schaudinn (condannato in via definitiva a 24 anni per la strage di Natale) il materiale elettrico e elettronico impiegato per l'esplosione sul rapido 904.

Nessun commento:

Posta un commento