di Eva Perasso

Non tutto ciò che buttiamo è davvero uno scarto. Anzi, spesso le eccedenze delle nostre cucine possono diventare sfiziosi pranzi per i nostri vicini. È questo il concetto dietro al movimento sempre più attivo del food-sharing, la condivisione del cibo in eccesso per non sprecare, far bene all'ambiente, aiutare, ma anche socializzare. Anche perché sono da tempo noti i dati sul fenomeno: secondo un’indagine di Last minute market dell’Università di Bologna, ogni anno in Italia si buttano milioni di tonnellate di cibo

Scambi di cibo alla tedesca – In Germania la ridistribuzione degli alimenti eccedenti è già realtà: FoodSharing.de è una piattaforma privata e volontaria in cui, organizzandosi e dandosi appuntamento attraverso il sito, i cittadini di sette città tedesche (da Berlino a Colonia, passando per altri piccoli e grandi centri) si scambiano cibo. Quelle verdure rimaste in frigo e arrivate all'appuntamento con la pentola, quando magari si è in partenza per una vacanza; o quella teglia di lasagne avanzata all'ultima festa e utile per un'altra famiglia del vicinato, tanto per fare un esempio. Dunque alimenti già cucinati o ancora grezzi, tutto può essere donato o scambiato attraverso questo sistema di condivisione di cibo. La rete presto dovrebbe sbarcare altrove in Europa, come Svizzera e Austria. L'Italia non dovrebbe essere tra i Paesi in cui il servizio partirà a breve.

Londra, il Club della casseruola - Esiste un progetto simile anche a Londra, il Club della casseruola: qui ci si registra online e ancora una volta sono la geolocalizzazione e il concetto di vicinanza fisica ad aiutare. Se si pensa di cucinare una bella ratatouille, forse qualcuno nel nostro isolato vorrebbe volerne una porzione, ed ecco che partono candidature e richieste attraverso il sito. L'idea qui è volta sia al risparmio, sia alla condivisione dei pasti, soprattutto per le fasce di età più mature e più soggette alla solitudine. 

E in Italia? - Sulla carta al momento non esistono piattaforme online organizzate nel nostro Paese. Anche se, sottovoce e a livello locale, si fa già tanto in questa direzione, forti di una nuova sensibilità al tema della salvaguardia dell'ambiente e dell'abbattimento degli sprechi. Dopo tutto, a livello mondiale (dati FAO 2012) il tema preoccupa molto, con un terzo del cibo prodotto che finisce nella spazzatura, mentre i numeri europei dello scorso anno parlano di circa 180 chili di cibo che ogni anno ogni persona getterebbe via. Di fronte alla dimensione del problema Lisa Casali, blogger, scrittrice, cuoca e animatrice di Ecocucina da qualche tempo sta studiando la fattibilità per creare anche da noi una piattaforma di food sharing: “A livello domestico il problema degli sprechi è molto sentito e la produzione di scarti e avanzi è in calo, anche per via della crisi”, racconta a Sky.it. Comunque ci sono molti Gas, gruppi di acquisto solidale, che lo fanno già d'abitudine: “Quando hai prodotti che stanno per scadere e non riesci a usare, mandi un messaggio alla mailing list del tuo Gas proponendo la tua offerta. Questo tipo di iniziative infatti funzionano bene in piccoli gruppi che si conoscono. Sarebbe bello creare una piattaforma a disposizione dei Gas, che oggi in Italia sono un po' il cuore del cambiamento”. In attesa di conoscere i termini del progetto, si può provare a verificare online il nostro livello di sprechi grazie al sito e alla app messa a disposizione da WWF, One planet food, con cui calcolare l'impatto alimentare del nostro carrello della spesa. 

Il Siticibo del Banco Alimentare - Un freno alla nascita in Italia di sistemi di condivisione del cibo organizzati e strutturati è dato anche dalla normativa: fino all'arrivo della cosiddetta “legge del buon samaritano” nel 2003 non era proprio possibile, anche per ristoranti o mense aziendali, donare il cibo avanzato ai meno abbienti. Ora invece, dotandosi di abbattitori, strumenti igienizzati, confezioni ben sigillate, mezzi dedicati, è possibile riciclare porzioni già pronte e consumarle entro 48 ore dalla produzione. Lo fa il Banco Alimentare con il suo Siticibo proprio dal 2003, in molti centri italiani, andando a raccogliere da ristoranti, mense scolastiche e aziendali, società di catering le porzioni avanzate e portandole direttamente ai centri che danno da mangiare a chi ha bisogno. Anche la Caritas, che sta mettendo a punto un progetto internazionale di food sharing, in Italia, si appoggia al Banco Alimentare a livello locale per alcuni dei suoi centri. 

Da Bologna all'Europa 
- A Bologna invece, da qualche anno è attivo lo spin-off dell'università chiamato Last Minute Market che lavora dalla sua nascita non solo nel fare ricerca ma anche nel connettere supermercati con cibo in scadenza a mense, ristoranti, negozianti e strutture per l'aiuto ai poveri. Molti supermercati in Italia oggi vendono a prezzi competitivi la merce in scadenza, ma ancora l'uso non è comune a tutte le catene. A livello europeo peraltro quello dell'abbattimento degli sprechi è un tema di assoluta attualità: da alcuni anni la Commissione ambiente studia una direttiva per azzerare le eccedenze che vada a toccare tutti i settori, ristorazione inclusa.