14 apr 2011

Libia, "la Nato intervenga o a Misurata sarà un massacro"

Libia, "la Nato intervenga o a Misurata sarà un massacro"

E' l'sos lanciato dai ribelli, che chiedono all'Alleanza di intensificare gli attacchi contro Gheddafi nella città sotto assedio da settimane. A Berlino i ministri degli Esteri discutono dell'andamento delle operazioni. Francia: "Niente armi agli insorti"



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Dopo la decisione di aiutare finanziariamente i ribelli anti-Gheddafi, presa mercoledì 13 aprile a Doha, i ministri degli Esteri della Nato, riuniti per due giorni a Berlino, cercano di superare le divisioni sul ritmo da imprimere alle operazioni militari. Poco prima dell'avvio dei lavori, gli insorti libici hanno rivolto un disperato appello alla Nato, chiedendo ai Paesi dell'Alleanza di intensificare gli attacchi contro Gheddafi, altrimenti a Misurata sarà "un massacro". Sulla città libica, sotto assedio da settimane, oltre 80 missili Grad sono stati sparati dalle forze del raìs uccidendo almeno otto civili. “Ci sarà un massacro se la Nato non interviene con forza", ha detto un portavoce degli antigovernativi, identificatosi come Abdelsalam, in una telefonata all'agenzia di stampa Reuters.

"Le nostre operazioni termineranno quando non ci saranno più minacce per la popolazione civile", ha dichiarato il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, negando l'immagine di una "Nato lenta". Ma la Francia e la Gran Bretagna insistono da giorni sulla necessità che l'Alleanza imprima una svolta ad 'Unified Protector", per accelerarne il ritmo e l'intensità. "Non facciamo abbastanza per proteggere la popolazione civile", ha dichiarato Juppé. Parigi e Londra si stanno accollando la metà degli attacchi a terra, mettendo a disposizione della missione rispettivamente 29 e 10 aerei. Solo sei paesi dell'Alleanza su 28 partecipano alle operazioni di attacco di target al suolo (Francia, Gran Bretagna, Danimarca, Belgio, Canada e Usa). L'Italia, la Spagna, l'Olanda e la Svezia agiscono con regole (caveat) più strette e non partecipano agli strikes.

I 28 sono divisi anche sulla necessità di rifornire di armi gli insorti che fanno riferimento al Consiglio di transizione libico. Mercoledì 13 aprile il Cnt di Bengasi aveva annunciato che Italia, Francia e Qatar avevano accettato di fornire armi agli insorti "per autodifesa". Ma nella mattina di giovedì 14 aprile, il ministro degli esteri francese Alain Juppé ha gelato le aspettative. "La Francia non è in questa disposizione di spirito", ha detto parlando in un incontro stampa con il collega tedesco Guido Westerwelle, che fa gli onori di casa. Ironia della sorte, è toccato proprio alla Germania, che si è tirata fuori - prima astenendosi al Consiglio di sicurezza dell'Onu e poi dichiarando che non avrebbe partecipato alle operazioni militari in Libia - ospitare questo gran consulto sulla missione libica.

Su 'Unified Protector' è giunta una doccia fredda dai cinque Paesi emergenti del Brics - Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica - che si sono dichiarati contrari all'uso della forza in Libia. Il presidente russo Dimitri Medvedev ha detto che l'operazione militare Nato è contraria alla risoluzione del consiglio di sicurezza Onu. La questione sarà discussa venerdì 15 aprile a Berlino al Consiglio Nato-Russia (con il segretario di Stato Usa Hillary Clinton e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov), che concluderà la due giorni berlinese.

In contemporanea con il meeting dell'Alleanza, al Cairo si tengono i lavori della conferenza sulla Libia organizzata presso la Lega Araba con Onu, Unione africana e Ue. Davanti alla sede della Lega Araba manifestanti espongono cartelli con la scritta in inglese "salvate Misurata", mentre il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha espresso "grave preoccupazione per l'escalation della violenza e per le violazioni dei diritti umani" in Libia. .

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